Claudio Ceradini oggi su Il Sole 24 Ore. L’autonomia necessaria dell’attestato

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Oggi su Il Sole 24 Ore un commento sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 17079 del 12 agosto 2016, che si colloca all’interno dell’orientamento di legittimità inaugurato con la precedente pronuncia a Sezioni Unite n. 1523 del 2013.

La vicenda nasce dal reclamo di società a responsabilità limitata in liquidazione avverso il provvedimento con cui il tribunale, rilevando l’incompletezza e la genericità della relazione del professionista attestatore che meramente richiamava valutazioni altrui, dichiarava l’inammissibilità della proposta di concordato ed il fallimento della società. La Corte d’appello respingeva il reclamo con propria pronuncia, contro la quale la società ricorreva in Cassazione, sostenendo l’insindacabilità del contenuto della relazione di attestazione e l’esclusiva competenza dei creditori nelle valutazioni di convenienza economica del piano. La Suprema Corte respinge il ricorso, giudicando congrua e logica l’analisi che la Corte d’appello aveva svolto della relazione e dei suoi contenuti.

E’ noto come la citata pronuncia n. 1523/2013, risolvendo precedente contrasto interpretativo, abbia esteso il perimetro del controllo giudiziale di ammissibilità della proposta di concordato dal controllo formale a quello di fattibilità giuridica ed economica, pur nei limiti della verifica della sussistenza della causa concreta della proposta, in termini di generale attitudine del piano alla composizione o regolazione della crisi ed alla soddisfazione, pur parziale e variegata, dei creditori. Il tribunale quindi, nel rispetto della autonomia valutativa dei creditori su convenienza ed esito, accerta la perseguibilità dell’obiettivo del procedimento e la relativa funzionalità di piano e proposta. In questo ambito uno degli aspetti destinatari del controllo è la completezza dell’informativa sulla base della quale i creditori saranno chiamati ad esprimersi, alla quale concorrono nella fase di ammissione l’attestazione ai sensi dell’articolo 161, comma 3, Legge Fallimentare ed in corso di procedura la relazione del commissario giudiziale. Il diritto dei creditori al “consenso informato” non può che basarsi sull’autonomia del giudizio del professionista indipendente, in termini di veridicità dei dati e fattibilità del piano, basato sul complesso degli elementi probativi raccolti nello svolgimento dell’incarico. L’attestatore è tenuto quindi a verificare sia l’attendibilità della ricostruzione della base di partenza (veridicità dei dati), sia anche ipotesi, logicità e valutazioni del piano, ed a formulare un giudizio che tuteli il diritto dei creditori. Ove la relazione non evidenzasse ab inizio eventuali vizi genetici della proposta, quali la sopravvalutazione sostanziale di cespiti o la svalutazione o pretermissione di poste del passivo, il difetto di veridicità dei dato non potrebbe ritenersi successivamente sanato dal consenso dei creditori, a sua volta “inquinato da errore-vizio”. Tale orientamento, nel cui ambito si colloca la sentenza dello scorso agosto, è anche precedente (Cass. n. 18864 del 15 settembre 2011) alla pronuncia a Sezioni Unite, che lo ha confermato. Nella fattispecie l’attestazione conteneva il recepimento apodittico delle valutazioni espresse dal debitore, su cui il professionista si limitava ad esporre alcune perplessità, e non offriva alcun elemento autonomo di giudizio sulla reale esigibilità dei crediti, costituenti parte essenziale dell’attivo concordatario.

E del resto i principi di attestazione approvati dal Cndcec il 3 settembre 2014 richiedono, recependo di fatto le ormai consolidate indicazioni giurisprudenziali, che l’attestatore proceda ad autonomi controlli, disciplinandone dettagliatamente contenuti e modalità. Sono verifiche che sino alla riforma del 2006 ed alla introduzione del ricorso prenotativo (articolo 161, comma 6, Legge Fallimentare) a protezione del patrimonio del debitore erano di fatto impraticabili, ma che da lungo tempo sono divenute invece possibili. L’attestatore deve quindi riferire dei controlli che ha eseguito, delle valutazioni che ha compiuto e delle fonti informative che ha utilizzato, con un approccio che per i dati aziendali è ispirato alle tecniche di revisione legale, e per il giudizio di fattibilità alle indicazioni del principio internazionale ISAE 3400. Il primo dei due aspetti, presupposto essenziale, non costituisce tuttavia un audit in senso tecnico, potendosi focalizzare su quegli elementi che maggiormente influiscono sulla attuazione del piano. La finalità è quella di limitare la possibilità di errori significativi, ed il dimensionamento del “rischio di veridicità” richiede la mappatura delle consuete tre determinanti (punto 4.5, intrinseca, di controllo e di individuazione). Nonostante il richiamo al principio di revisione 320 (punto 4.3.7), è ragionevole pensare che la significatività debba riferirsi non tanto alla chiara e fedele rappresentazione del quadro patrimoniale, quanto alla relazione funzionale con la esecuzione del piano e l’adempimento alla proposta ai creditori. La valutazione del macchinario può essere poco rilevante, se non ai fini della verifica della miglior soddisfazione dei creditori, in un piano in continuità in cui non se preveda la cessione, mentre diverrebbe fondamentale in un piano liquidatorio in cui il valore di realizzo concorra alla formazione dell’attivo. L’obiettivo dell’attestatore è acquisire elementi probativi sufficienti per maturare un proprio ed autonomo giudizio sulla correttezza della rappresentazione patrimoniale della situazione di partenza, misurata sulla verifica delle asserzioni contabili (punto 4.5.7.), anch’esse da assumere ed interpretarsi con riferimento alla peculiare finalità dell’incarico. Diverso è l’approccio alle verifiche di fattibilità (punto 6), in cui la natura previsionale dei dati impone di spostare il focus dal “numero” al suo presupposto. In un piano in continuità oggetto di verifica sono le decisioni strategiche che il debitore abbia assunto, e dalle quali sole può desumersi la ragionevolezza delle proiezioni economiche e finanziarie e la discontinuità rispetto al passato ed alle cause della crisi. Il riferimento tecnico è in questo caso il principio ISAE 3400, che distingue tra previsioni, basate su eventi futuri probabili e non solo possibili, e proiezioni, ancorate invece ad ipotesi, più o meno concrete. Ove l’impostazione sia invece liquidatoria, è la ragionevolezza delle condizioni e dei tempi di dismissione degli asset ed incasso dei crediti che diviene centrale e quindi la acquisizione da parte dell’attestatore di una propria convinzione su valori, programmi, e quindi probabilità di adempimento del debitore agli impegni assunti nella proposta ai creditori. Infine, la solidità delle previsioni deve essere misurata, sperimentando gli effetti di possibili variazioni dei presupposti (punto 6.6, stress test).

Solo alla fine di tutto questo l’attestatore esprimerà il proprio giudizio.

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