Claudio Ceradini sulla nuova indipendenza di revisori e sindaci (D.Lgs 135/2016). Approfondimento sull’istant de Il Sole 24 Ore sul bilancio 2

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Nel 2017 troveranno applicazione le novità in termini regolamentari introdotte con il D.Lgs 135/2016, con cui il legislatore ha recepito in Italia la Dir 2014/56/UE, approvata in modifica della originaria direttiva sulla revisione 2006/43/CE.

Considerando la coincidenza tra le date di applicazione degli ISA Italia, set di principi di revisione che a norma degli artt. 11 e 12 del D.Lgs 39/2010 sono stati resi obbligatori con determina di fine 2014 a cura del MEF, si prospetta un 2017 intenso per chi ai controlli di bilancio accede dalla finzione di sindaco, o di revisore legale dei conti.

Dal punto di vista del metodo, l’intervento modificativo è mirato, ed incide su alcuni aspetti specifici, senza rivoluzionare l’intero impianto, fortunatamente. In un momento in cui, per i revisori più che per le società di revisione, si impone un periodo non facile di recepimento delle indicazioni tecniche contenute nei principi di revisione ISA Italia, una seconda rivoluzione avrebbereso il 2017 un vero e proprio anno horribilis. Così non è, perlomeno non del tutto, anche se le modifiche sono per alcuni aspetti determinanti.

A suo tempo, il recepimento della Dir 2006/43/CE contribuì ad uniformare concetto e regole della revisione legale, che trovano oggi fondamento sul principio internazionale che disciplina il controllo della qualità (ISQC Italia 1) dell’operato dei soggetti abilitati, e che origina dal principio internazionale ISQC 1, nella traduzione italiana inclusa nel precedente set clarified, e su 33 principi di revisione internazionali ISA Italia (dal n. 200 al n. 720), corrispondenti alla versione italiana clarified degli ISA internazionali emanati dallo IAASB (organismo dell’IFAC), integrati con paragrafi appositamente numerati, al fine di armonizzarne il contenuto con le disposizioni normative e regolamentari italiane, oltre che su due ulteriori principi di revisione nazionali e peculiari, necessari per adempiere a disposizioni normative specificatamente italiane:

  • verifiche periodiche (art. 14, co. 1, lett. b) D.Lgs 39/2010 – SA Italia 250B);
  • espressione del giudizio di coerenza delle informazioni contenute nella Relazione sulla gestione (art. 14, co. 2, lett. e) D.Lgs 39/2010 – SA Italia 720B).

Il CNDCEC ha reso disponibili, in ausilio al difficile compito del revisore o del Collegio Sindacale:

  1. il documento applicativo del principio SA Italia 250B (luglio 2015)
  2. il documento “L’applicazione dei principi di revisione internazionali (ISA Italia) alle imprese di dimensioni minori”, cui per brevità ci riferiremo con il termine Linee Guida.

Offriamo qualche considerazione su una delle novità. E’ indubitabile che il tema della indipendenza e della obiettività del revisore costituisca aspetto insieme delicato e solo parzialmente normabile, e tuttavia ampie e significative sono le novità che maggiormente contraddistinguono lo spirito della Dir. 2014/56/UE. La questione della indipendenza del sindaco e/o del revisore è sempre stata vissuta, perlomeno in Italia, con grande senso di fastidio. Alla tentazione di arrotondare il fatturato con i proventi degli incarichi sindacali assunti sui propri clienti il professionista medio ha sempre resistito con notevole difficoltà. Non sempre, è ovvio, ma spesso. Se a questo si aggiunge che l’argomento è per sua natura difficile da normare con chiarezza e che di conseguenza le aree di grigio abbondano, il quadro si arricchisce.

Va inoltre tenuto presente inoltre che su questo tema, di suo così spinoso, il legislatore ha sino ad oggi prodotto un quadro delle regole di una complessità e disarticolazione che sfiora l’arte. Onestamente, non pare che le modifiche introdotte concludano e risolvano la questione, anche se d’altra parte l’Italia non pare essere l’unico stato membro in questa situazione. Anche per questo l’intervento comunitario si comprende agevolmente, nel tentativo di stringere le maglie della rete.

Per comprendere le modifiche intervenute non possiamo che partire dal quadro attuale.

La prima considerazione, generale, riguarda la qualificazione normativa del requisito di indipendenza per i revisori e per i sindaci. I riferimenti normativi non sono esattamente gli stessi, e nel caso in cui le due funzioni siano riunificate in capo al Collegio Sindacale, la valutazione non può che riferire alla più stringente tra le due regole, o meglio i due insiemi di regole.

Per il sindaco i riferimenti sono gli artt. 2397 e 2399 Cod. Civ.. Il primo prevede quale condizione per la nomina, pur con le note modulazioni, l’iscrizione al registro dei revisori. La conseguenza è che se il regolamento del registro prevedesse ulteriori condizioni di indipendenza per il mantenimento dell’iscrizione, tali condizioni non potrebbero che valere anche per i sindaci. Lo si tenga in considerazione quando tra breve riferiremo della indipendenza dei revisori. Il secondo articolo invece, è chiarissimo ed oggettivo nelle prime due lettere (lett. a e lett. b) del primo comma, molto meno nella terza (lett. c), che dispone l’incompatibilità per chi sia legato alla società, a società controllate, controllanti e sottoposte a comune controllo da rapporti di lavoro, continuativi, di consulenza od altri di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza. Posto che quasi unanimemente l’interpretazione più apprezzata è quella meno letterale, cosicchè anche i rapporti di lavoro e di consulenza sarebbero ammessi, e non solo quelli patrimoniali, purchè non lesivi del requisito di indipendenza, la questione diventa quando il limite deve considerarsi travalicato. Il CNDCEC ha ben compreso la questione e da tempo tra le nelle norme di comportamento del Collegio Sindacale ne ha compreso una in particolare, la 11.4 che prevede un calcolo numerico finalizzato a tracciare una soglia, bella o brutta ma una soglia, oltre la quale la indipendenza deve considerarsi a rischio, o compromessa. Non è quindi vietato fare consulenza, o avere rapporti di lavoro, con le società in cui si ricopre un incarico sindacale, purchè tale rapporto di lavoro o patrimoniale sia di entità sufficientemente modesta. Aggiungiamo pleonasticamente, visto che la giurisprudenza lo ha da tempo chiarito, che anche se di modesta entità incarichi continuativi e riferiti ad aspetti che nel contempo siano al centro delle funzioni di controllo (bilancio di esercizio, dichiarazioni dei redditi, adempimenti) non possono che compromettere l’indipendenza, cosicchè il rispetto della regola quantitativa offerta dal CNDCEC può considerarsi condizione necessaria, ma non sempre sufficiente, per la difesa dell’indipendenza.

Per il revisore il quadro è più complesso. Nel 2004 fu inserito ad opera del D.Lgs 6/2003 l’art. 2409quinquies Cod. Civ. che dispone l’ineleggibilità, o la successiva decadenza, del revisore che nel contempo svolta funzioni sindacali (fatta eccezione per la riunificazione delle funzioni n capo al collegio sindacale ex art. 2409bis, comma 3, Cod. Civ.) nella medesima società o altre del gruppo (controllate, controllanti o sottoposte a comune controllo), o che si trovi nelle condizioni di cui all’art. 2399 Cod. Civ.. Di fatto quindi, oltre ogni considerazione di cui nel prosieguo sulle conseguenze della abrogazione ad effetto ritardato dell’art. 2409quinquies Cod. Civ., la regola riconduceva in prima istanza alla medesima disciplina del Collegio Sindacale, con un elemento però in più, anzi due. Il primo è costituito dall’art. 39 del D.P.R. 99/1998, che regolamenta i casi di sospensione, o nei casi più gravi cancellazione, del revisore dal registro, con conseguente decadenza delle condizioni  di eleggibilità. Tra questi, ve ne sono alcuni che attengono proprio le condizioni di indipendenza, ed in particolare le lettere da c) ad e) del secondo comma:

  1. c) l’iscritto (il revisore – ndr), l’amministratore, il direttore generale, il socio o i soggetti di cui l’iscritto (il revisore – ndr) si avvale per svolgere la sua attività, intrattengono con il soggetto che conferisce l’incarico, o con soggetti controllati, rapporti continuativi o rilevanti aventi ad oggetto prestazioni di consulenza o collaborazione, ovvero li abbiano intrattenuti nei due anni antecedenti al conferimento dell’incarico;
  2. d) l’iscritto (il revisore – ndr), l’amministratore, il direttore generale, il socio o i soggetti di cui l’iscritto (il revisore – ndr) si avvale per svolgere la sua attività, sono legati alla società o all’ente che conferisce l’incarico, o a società o enti che la controllano, da rapporti di lavoro subordinato o autonomo, ovvero lo siano stati nei tre anni antecedenti al conferimento dell’incarico;
  3. e) l’iscritto, l’amministratore, il direttore generale, il socio o i soggetti di cui l’iscritto si avvale per svolgere la sua attività, sono amministratori della società o dell’ente che conferisce l’incarico o di società o enti che la controllano, ovvero lo siano stati nei tre anni antecedenti al conferimento dell’incarico.

Si aggiungono quindi, seppur indirettamente, requisiti temporali di due o tre anni, sconosciuti al Codice Civile, ma che il revisore deve attentamente considerare nelle proprie valutazioni di indipendenza. Medesime considerazioni deve eseguire anche il sindaco, se e nella misura in cui la nomina poggi sulla iscrizione al registro (art. 2397 Cod. Civ.)

Nel 2010, per effetto degli art. 37 e 42 del D.Lgs 39/2010 l’art. 2409quinques del Cod. Civ. ed il D.P.R. 99/1998 vengono abrogati, e le condizioni di indipendenza trasferite nell’art. 10 del decreto stesso, con una sostanziale modifica di rotta. L’indipendenza non si basa più su condizioni oggettive, perlomeno per quanto possibile (condizioni personali, incarichi contestuali, parentela, etc.) ma solo sulla assenza di relazioni finanziarie, d’affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette, comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi diversi dalla revisione (leggi consulenza), dalle quali un terzo informato, obiettivo e ragionevole, trarrebbe la conclusione che l’indipendenza del revisore risulta compromessa. Tali condizioni devono sussistere anche con riferimento ai soggetti che siano parte della rete cui appartiene il revisore, sulla cui ampiezza era atteso un intervento regolamentare del MEF. Il punto è centrale, posto che nel frattempo, per espressa previsione dell’art. 42 del D.Lgs 39/2010, rimangono in vigore le vecchie norme sino alla emissione dei decreti regolamentari, che solo in parte sino ad oggi hanno visto la luce, non con riferimento all’art. 10.

Due sono i piani su cui le modifiche hanno inciso:

  1. la declinazione del requisito di indipendenza,
  2. la esclusione di interventi regolamentari.

Entrambi i punti hanno conseguenze importanti.

Sotto il primo dei due profili va rilevato come il recepimento della Dir. 2014/56/UE e delle relative modifiche imposte agli art. 26 e ss. Della Dir. 2006/469/CE di fatto elevi a livello normativo le indicazioni che erano include nei principi di revisione, in certa misura arricchendole.

La lettura del nuovo comma 1 e dei commi 1bis e 1ter dell’art. 10 D.Lgs 39/2010 consente da un lato di verificare che la nuova impostazione del requisito di indipendenza, fortemente ancorato alla valutazione ragionevole ed obiettiva del terzo informato piuttosto che a condizioni oggettive di fatto, rimane immodificata, ampliandosi invece l’ampiezza del perimetro di verifica del requisito, sotto due profili:

  1. ampiezza soggettiva: il nuovo comma 1 include tra i soggetti che per mantenere l’indipendenza debbano mantenersi estranei a qualsiasi processo decisionale della società sottoposta a revisione, non solo il revisore stesso ma anche “qualsiasi persona fisica in grado di influenzare direttamente o indirettamente l’esito della revisione stessa”; inoltre, il successivo e nuovo comma 1ter prevede l’obbligo di adozione delle misure di governo del rischio di carenza di indipendenza (prima nel comma 3) allargando il perimetro di verifica dal revisore (rete inclusa) ad una serie di soggetti prima non citati, quali i membri dei suoi organi amministrativi, i suoi dirigenti, revisori, dipendenti, oltre che qualsiasi persona fisica i cui servizi siano richiesti dal revisore e funzionali alla espressione del giudizio sul bilancio, fino ad includere qualsiasi persona direttamente o indirettamente collegata al revisore (o alla società di revisione),
  2. ampiezza temporale: il nuovo comma 1bs precisa che le condizioni di indipendenza devono persistere non solo nel corso dell’esercizio relativo al bilancio sottoposto a controllo, ma anche per il periodo necessario a completare le procedure di revisione ed alla emissione del giudizio.

A ben vedere, sono riferimenti che in buona misura già i principi di revisione internazionali prevedevano (Code of Ethics emesso dallo IAASB, organismo IFAC), ma che oggi diventano norma.

Il secondo profilo riguarda il momento di entrata in vigore. Il nuovo testo dell’art. 10 non riporta quanto era precedentemente contenuto al comma 13, con riferimento alla necessità di regolamentare con decreto del Ministro l’ampiezza della rete, affinchè il perimetro di verifica dell’indipendenza fosse il più possibile definito. La ragione è chiaramente riferita dalla relazione di accompagnamento al decreto, che rinvia ai principi di revisione la contestualizzazione dei criteri applicativi della nuova norma. Quali persone fisiche, e quando, sono suscettibili di compromettere l’indipendenza? Quali rapporti patrimoniali, di affari? Quando si configura conflitto di interessi, anche potenziale? Posto che il riferimento ai principi di revisione è stato confermato, e comprenderà l’intero set sdoganato da IFAC, ognuno di questi aspetti in quella sede troverà declinazione. Mantenere il richiamo ad un provvedimento regolamentare avrebbe potuto solo generare equivoci. Tutto questo è vero e comprensibile, ma genera una conseguenza pratica: se l’applicazione dell’art. 10, nella vecchia formulazione, è sempre stata sino ad oggi sospesa in assenza del regolamento, rimanendo quindi in vigore anche le vecchie norme con conseguente confusa disciplina, dal 5 agosto, data di entrata in vigore del D.Lgs 135/2016, pare di poter concludere che la situazione sia cambiata, e che l’art. 2409quinquies e il D.P.R. 99/1998 debbano definitivamente considerarsi abrogati e privi di effetto.

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