Claudio Ceradini su Il Sole 24 Ore. Il nuovo codice antimafia ed i rapporti con le procedure concorsua

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Sul tabloid de Il Sole 24 Ore di oggi un mio commento su uno degli aspetti della significativa rivoluzione del Codice Antimafia. Le modifiche al D.Lgs 159/2011 approvate in Senato lo scorso 27 settembre incidono tra l’altro sulla struttura dei rapporti tra il procedimento di prevenzione e il concorso giudiziale dei creditori disciplinato dalla legge fallimentare, segnando un passo avanti, per alcuni aspetti incerto, rispetto al disegno precedente, contraddistinto invece da equivoche sovrapposizioni funzionali tra il giudice della prevenzione e quello fallimentare.

L’articolo 22 del progetto di legge approvato in Senato interviene sugli articoli 63 e 64 del codice antimafia, e quindi sulle opposte circostanze in cui il fallimento intervenga prima o dopo il sequestro finalizzato alla confisca. In entrambi i casi, il punto è l’efficace coordinamento dei procedimenti di accertamento dei diritti dei terzi, che se opponibili resistono sia al provvedimento restrittivo di sequestro e successiva confisca, sia agli effetti imposti dall’avvio del fallimento. Nel presupposto che i beni sequestrati rimangono esclusi dalla massa attiva del fallimento, l’assetto normativo è chiamato a disciplinare il rapporto tra le attività che l’art. 57 del codice antimafia impone al giudice delegato alla procedura di prevenzione e quelle che gli articoli 92 e seguenti della legge fallimentare impongono a curatore e giudice fallimentare. Logica avrebbe voluto che masse separate fossero assoggettate a procedimenti autonomi, e che sull’attivo fallimentare concorressero i creditori sprovvisti di titolo opponibile al sequestro, se non altro al fine di esperire l’obbligo di preventiva escussione di cui all’articolo 52 del codice antimafia. In realtà la vecchia disciplina attribuiva al giudice fallimentare anche l’obbligo di accertare i requisiti previsti dall’articolo 52, comma 1, lettere da b) a d) del codice antimafia, acquisendo informazioni ed assumendo decisioni di competenza del giudice della prevenzione. L’articolo 63, comma 4, nel nuovo testo corregge l’impostazione, disponendo che la verifica dei crediti e dei diritti relativi ai beni sequestrati sia svolta, appunto, dal giudice della prevenzione. Nello stesso senso il nuovo comma 2 dell’articolo 64 prevede nel caso di fallimento successivo al sequestro, che crediti e diritti, ancorchè già verificati per l’accesso allo stato passivo, siano sottoposti ad ulteriore analisi da parte del sopraggiunto giudice della prevenzione. E’ stato conseguentemente soppresso l’obbligo di fissazione di nuova udienza per il riesame dello stato passivo e per l’accertamento dei requisiti di cui all’articolo 52 del codice antimafia. Il processo appare quindi più fluido, per quanto il successivo comma 5 dell’articolo 63 non sia stato modificato e continui a prevedere l’obbligo di verifica dei requisiti dell’articolo 52 in capo al giudice fallimentare, con riferimento ai beni sottoposti a sequestro.

Nuovo anche il settimo comma dell’articolo 63. Viene confermata l’immediata ed automatica apprensione all’attivo fallimentare dei beni in cui il sequestro o la confisca siano revocati, e precisato l’obbligo in capo al giudice fallimentare di accertare crediti e diritti che vi insistano. Potenziati anche gli effetti della revoca del sequestro successivo alla chiusura del fallimento, che consentono oggi al tribunale di decretarne la riapertura ai sensi dell’articolo 121 Legge Fallimentare anche successivamente al termine quinquennale ivi previsto.

Nuovo infine il comma 8-bis dell’articolo 63. L’amministratore giudiziario, al quale nella finalità di conservare e auspicabilmente aumentare la redditività delle aziende sottoposte a sequestro è stato sempre assegnato un ruolo dal perimetro incerto, compreso tra la prudenza della pura conservazione e il rischio della gestione, è oggi ammesso all’utilizzo di tutti gli strumenti di gestione della crisi, che si aggiungono al potere di segnalazione della condizione di insolvenza da cui derivi la sentenza di fallimento. L’amministratore giudiziale può quindi, quando oggetto di sequestro siano aziende o partecipazioni di maggioranza, ricorrere al concordato preventivo, all’accordo di ristrutturazione del debito, o al piano attestato, sulla base di un piano di ristrutturazione in cui, se le esigenze di conservazione della base occupazionale o di salvaguardia dell’unità produttiva lo richiedono, può prevedersi la cessione dei beni sottoposti a sequestro, anche al di fuori dei casi disciplinati dall’articolo 48 del codice antimafia.

Degna di nota infine l’abrogazione del terzo comma dell’articolo 64, conseguente alla riconduzione nell’alveo della procedura di prevenzione delle verifiche sui crediti oggetto di insinuazione successivamente al sequestro, e, per le medesime ragioni, del successivo quinto comma, che limitava l’accesso al riparto fallimentare ai soli crediti che verificassero le condizioni dell’articolo 52 codice antimafia.

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