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Modalità e limiti del trasferimento in capo alla società incorporante o risultante delle perdite pregresse

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L’art. 7, co. 10, D.Lgs 156/2015 (G.U. 233 del 7/10/2015, S.O. n. 55) ha aggiunto un ultimo periodo al settimo comma dell’art. 172 TUIR, che disciplina modalità e limiti del trasferimento in capo alla società incorporante (o risultante) delle perdite pregresse e riportabili delle società incorporate (o fuse).

Se ne è parlato al Master Operazioni Straordinarie della Business School del Sole 24 Ore, in cui il tema è stato approfondito, per genesi e implicazioni attuali. Il limite che il legislatore ha imposto deriva dall’utilizzo eccessivamente disinvolto delle operazioni di fusione, spesso nel passato finalizzate a consentire a incorporante profittevole, di ereditare una dote più o meno consistente di franchigia, costituita dall’importo delle perdite pregresse delle incorporate (o fuse). Molti ricorderanno il noto mercato delle tristemente famose “bare fiscali”, che per molti anni è stato anche fiorente. Per contrastare questa abitudine il legislatore impone due limiti, patrimoniale e di cosiddetta “vitalità”. Da un lato le perdite riportabili non possono eccedere in ogni caso la consistenza del patrimonio netto di funzionamento della società (il minore tra quello risultante dall’ultimo bilancio o dalla, se predisposta, situazione ex art. 2501-quater Cod. Civ.), e dall’altro ricavi e costo del personale relativi all’esercizio precedente la delibera di fusione debbono essere superiori al 40% della media degli ultimi due esercizi anteriori (vedi anche R.M. 337/E del 2002). La consistenza del patrimonio, per evitarne operazioni strumentali, va inoltre misurata al netto dei versamenti e dei conferimenti eseguiti nei 24 mesi precedenti, pur con alcune eccezioni (contributi erogati a norma di legge dallo Stato e da altri enti pubblici) e delle svalutazioni dedotte.

L’art. 35, co. 17, D.L. 223/2006 (L. 248/2006), con effetto per le operazioni di fusione deliberate dopo il 4/7/2006, ha completato la disciplina prevedendo, in caso di retrodatazione di cui al co. 9, l’applicabilità delle limitazioni anche alla frazione di esercizio che intercorre tra l’inizio del periodo di imposta e la data di efficacia giuridica dell’operazione. Anche in questo caso l’intento è antielusivo, e finalizzato ad evitare che, più o meno artificiosamente, le perdite fossero di fatto rappresentate e collocate temporalmente in un ambito sino a quel momento esterno all’applicazione dei vincoli, patrimoniale e di vitalità.

E’ piuttosto evidente come, pur comprendendone la ratio, il meccanismo autorizzativo per l’utilizzo delle perdite sia perlomeno brutale. Non necessariamente una bara fiscale non rispetta il limite del 40%, e il floor patrimoniale è in antitesi evidente con la fattispecie della presenza di perdite (il patrimonio da un lato è il limite della riportabilità, dall’altro subisce la riduzione conseguente alla presenza proprio delle perdite). Questa è la ragione per cui è stata prevista la possibilità per il contribuente di presentare interpello ai sensi dell’art. 11, co. 2, L.212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) al fine di esporre le eventuali ragioni economiche che motivano l’operazione e le circostanze che dovrebbero autorizzare l’utilizzo delle perdite, superando le limitazioni di cui ai periodi precedenti del medesimo comma 7.

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