L’abbandono di rifiuti: rivoluzione in Gazzetta Ufficiale
Con il Decreto Legge 10.08.2023, n. 105, convertito in Legge 09.10.2023, n. 137, a partire dal 10.10 u.s. è stato modificato l’articolo 255, comma 1 del d. Lgs 152/2006 (c.d. Testo Unico dell’Ambiente).
In particolare, ora la norma è così formulata:
Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 256, comma 2, chiunque, in violazione delle disposizioni degli articoli 192, commi 1 e 2, 226, comma 2, e 231, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con l’ammenda da 1.000 euro a 10.000 euro. Se l’abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la pena è aumentata fino al doppio.
Quindi, ora la disposizione prevede una vera e propria PENA a carico di chiunque abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette in acque superficiali o sotterranee in violazione:
- Della norma di cui all’art. 192, co. 1 e 2, che in linea generale vieta l’abbandono e il deposito di rifiuti sul suolo e nel suolo, nonché la loro immissione nelle acque superficiali e sotterranee;
- Della norma di cui all’art. 226, co. 2, che vieta di immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi terziari di qualsiasi natura (ad es. bancali, pallet, fusti, bobine, big bag e grandi contenitori per prodotti sfusi);
- Della norma di cui all’art. 231, co. 1 e 2, che impone al proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio – che intenda demolirli – di consegnarli a un apposito centro di raccolta autorizzato ovvero a un concessionario o a una succursale della casa costruttrice.
Qual è la novità rispetto al regime previgente?
Prima di questa novella legislativa, le medesime condotte erano punite con una mera sanzione amministrativa pecuniaria da € 300 a € 3.000, con aumento della sanzione fino al doppio se venivano abbandonati rifiuti pericolosi.
Quindi, inizialmente le condotte descritte dalla norma non costituivano reato – bensì un mero illecito amministrativo – mentre adesso costituiscono un vero e proprio illecito penale, il che significa che, in caso di violazione della norma, si instaurerà un procedimento penale dinanzi al Tribunale e, in caso di condanna, essa comparirà nel certificato del casellario giudiziario.
Quali sono i possibili rimedi?
La norma così come da ultimo modificata ha introdotto una contravvenzione (che è un reato), peraltro punita con la sola pena pecuniaria dell’ammenda (che è una pena).
Ciò significa che, in caso di commissione dell’illecito, sarà applicabile l’istituto della c.d. oblazione ordinaria di cui all’art. 162 codice penale.
Tale disposizione, infatti, prevede che, nelle contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda, il contravventore può pagare – prima dell’instaurazione del dibattimento – una somma corrispondente a 1/3 del massimo della pena previsto dalla norma, oltre alle spese del procedimento.
Tale pagamento, ove tempestivo, estingue il reato.
Il legislatore quindi, da un lato ha aggravato la sanzione, che da amministrativa è diventata penale, ma dall’altro consente di estinguere il reato grazie al pagamento della somma sopra indicata.
Quali sono le eccezioni all’applicazione dell’illecito?
La sanzione penale di cui al novellato art. 255 Testo Unico dell’Ambiente non si applica nel caso previsto dall’art. 256, ossia se i responsabili dell’abbandono o del deposito incontrollato di rifiuti ovvero della loro immissione in acque superficiali o sotterranee sono titolari d’imprese o responsabili di enti.
Nei confronti di questi ultimi soggetti che commettano tali violazioni, infatti, è tuttora prevista l’applicazione della pena dell’arresto da 3 mesi a 1 anno o dell’ammenda da € 2.600 a € 26.000 (se si tratta di rifiuti non pericolosi) ovvero della pena dell’arresto da 6 mesi a 2 anni e dell’ammenda da € 2.600 a € 26.000 (se si tratta di rifiuti pericolosi).
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