Anatocismo bancario. Tutto ciò che l’imprenditore deve sapere

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Troppe volte l’imprenditore, piccolo e medio soprattutto, è destinatario di più o meno mirabolanti proposte di recupero di veri e propri tesori indebitamente pagati, nel corso degli anni, agli Istituti di Credito. Tali (spesso improbabili) prospettive assomigliano più a speranze in molti casi. Con termini quali anatocismo, usura ed interessi ultralegali molti imprenditori affrontano spese anche non banali in “perizie bancarie” teoricamente finalizzate al recupero di ingente liquidità, ma che spesso si rivelano inutili, se non addirittura dannose. Il rischio è quello di aggravare, anzichè migliorare, le difficoltà finanziarie dell’imprenditore, che sostiene costi ed ottiene, invece del denaro, la revoca o la sostanziale riduzione dei pochi quanto preziosi affidamenti bancari che gli erano rimasti.

Facciamo un po’ di ordine e tentiamo di offrire delle “linee guida” in questa materia.

Le patologie connesse all’apertura di credito in conto corrente sono, per lo più, dovute all’addebito di oneri maggiori, rispetto a quelli pattuiti contrattualmente o stabiliti per legge, oppure illegittimi perché mai validamente convenuti. Tecnicamente tali comportamenti sono riconducibili all’indebita applicazione degli interessi sugli interessi (ormai “famoso” anatocismo), alle commissioni, alle spese non dovute, ed infine all’illegale applicazione di tassi superiori alla soglia pro tempore vigente.

In tali materie la giurisprudenza, in Italia, risulta molto variegata. Se da un lato è gioco facile per alcuni consulenti trovare in qualche Tribunale condivisa la propria tesi, talvolta assolutamente minoritaria (se non addirittura smentita in sede di appello o Cassazione) o per nulla calzante col caso trattato, dall’altro le Banche esaminano sempre più attentamente qualità e concretezza delle contestazioni mosse, con la diffusa conseguenza dell’apertura di lunghi e complicati contenziosi.

Arrivati a quel punto si verificano spesso le seguenti situazioni:

  1. il Tribunale presso cui si incardina la causa ha un indirizzo completamente differente rispetto a quello su cui si è basata la perizia bancaria e, conseguentemente, non viene riconosciuto alcun inadempimento da parte della Banca e il mirabolante recupero promesso viene azzerato oltre all’effetto della condanna alla rifusione delle spese legali;
  2. il Tribunale riconosce ogni contestazione mossa, peccato però che l’effetto della “vittoria” giuridica non sia quello atteso e mirabolante, ma molto più modesto rispetto alle attese;
  3. Il Tribunale riconosce ogni contestazione mossa e quantifica il rimborso nella misura attesa, tuttavia – (ad es.) essendo il correntista originariamente debitore di 1000 verso la Banca ed avendo vinto un contenzioso per 100 – lo stesso si trova in una situazione debitoria di 900, assolutamente ingestibile nei tempi di rientro richiesti dalla controparte.

Allora come agire? Chi ascoltare? Per trovare risposte si può partire dalle seguenti considerazioni.

Il più grande cavallo di battaglia per chi malamente opera nel settore – l’usura soggettiva (cioè non legata al superamento del tasso soglia da parte del TEG – tasso applicato dalla Banca) – non esiste, nel senso che non è mai stata giuridicamente riconosciuta da sentenza passata in giudicato, ma è argomento utilizzato per incantare la clientela desiderosa di sentire ciò che le piace ascoltare. Alla stessa stregua (o quasi) è il rilevamento di usura su mutui o finanziamenti, limitata a rarissimi casi e di ridottissima portata.

Vi sono invece altre interessanti possibilità di recupero come, un esempio su tutti, la soppressione dell’anatocismo bancario (art. 1, comma 629, della legge n. 147/2013) in vigore dal primo gennaio 2014.

Quello che vorremmo trasmettere è che le perizie bancarie NON sono e NON devono essere considerate un fine, ma solo uno strumento – la cui redazione va affidata a professionisti coscienziosi – all’interno di un più ampio disegno di consulenza che prenda in considerazione la complessiva situazione del cliente e che punti ad una soluzione organica delle problematiche individuate, mettendo l’impresa in grado di lavorare, anche – se del caso – attraverso appropriati piani di risanamento.

L’analisi bancaria – se ben strutturata ed eseguita – è quindi strumento molto potente, ma se parte di una più ampia consulenza strategica, perché può (i) consentire una trattativa efficace nella gestione di contenziosi o precontenziosi bancari, oppure (ii) rappresentare un elemento vincente per recuperare il tempo e/o la liquidità necessaria ad organizzare un piano di risanamento.

Gli imprenditori, oggi più che mai, hanno bisogno, non di “acquistare perizie bancarie”, ma di consulenza seria e di alto livello finalizzata a risolvere i problemi utilizzando in modo trasparente tutte le opzioni a disposizione, non ultima, se serve, un’accurata analisi bancaria a supporto di un’attività di recupero di liquidità o di un’attività di difesa.

 

 

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